Si continua a parlare di green economy, green new deal, rispetto dell’ambiente come se fossero gli unici ed esclusivi temi della sostenibilità o responsabilità sociale dimenticando che l’impatto ambientale o l’approccio green è solo uno dei 17 “Goals” degli Sdg’s.
In queste ultime settimane il tema della sostenibilità ambientale è al centro dell’attenzione. Dal viaggio di Greta Thunberg, e relativo discorso all’ONU, alle dichiarazioni allarmanti di Bolsonaro, conseguenti ai roghi in Amazzonia (la cui causa non risulta ancora chiara) alle dichiarazioni del nostro Capo del Governo in tema di benefici (genericamente definiti) alla sostenibilità, e in ultimo all’allarme scioglimento ghiacciai (ultimo quello del Monte Bianco) a causa dell’innalzamento delle temperature medie e della progressiva tropicalizzazione delle zone temperate.
Il tema ambientale è certamente importante e centrale ai fini della sostenibilità, ma la sensazione (non solo) è quella che si tende a confonderla se non identificarla in via univoca con il concetto di impresa ed economia sostenibile, a discapito delle imprese che adottano politiche di vera e complessiva sostenibilità e a discapito di quelle che per vocazione e obbligo nascono sostenibili (imprese benefit e imprese sociali).
E’ opportuno sottolineare che il tema della sostenibilità ambientale rappresenta solo uno dei 17 goals della responsabilità e della sostenibilità d’impresa, e che, un’impresa che rispetti il tema del green non è detto che sia totalmente sostenibile e/o responsabile.
Ci rendiamo conto che l’affermazione può risultare strana o contraddittoria, per questo rendiamo un esempio pratico.
Da poco si è conclusa l’edizione “settembrina” della settimana della moda di Milano, e, ovviamente, il focus è stato quello della sostenibilità, soprattutto in tema di materiali e fibre e/o processi produttivi.
Ma la sostenibilità delle materie prime e dei processi produttivi non fa (da sola) di una impresa della moda una impresa sostenibile. E lo dimostriamo.
Se l’azienda adotta processi produttivi a bassa emissione, utilizza fibre naturali e/o riciclate, certo rispetta uno (o la massimo 2) dei 17 Goals degli Sdg’s.
Se la stessa azienda esternalizza una parte del processo ad esempio in Thailandia alle condizioni che conosciamo, non si può certo dire che sia responsabile e/o sostenibile (ovviamente senza alcun riferimento particolare). Allo stesso modo se l’azienda non rispetta la parità di genere, o non adotta politiche di welfare o politiche retributive “benefit”, e (ancora in tema di sostenibilità ambientale) non adotta politiche di gestione totale (e non solo della parte produttiva) volte alla riduzione delle emissioni (uso di fonti energetiche; mobilità; scelte di logistica; ecc.), o al risparmio e rispetto delle risorse naturali (processi di digitalizzazione e dematerializzazione volti alla riduzione del consumo di carta, toner, ecc.) non può certo definirsi sostenibile o responsabile.
Con questo vogliamo ancora una volta mettere l’accento e fissare il punto sulla questione di una visione strutturale di sostegno alle imprese sostenibili.
Per essere più chiari.
Il decreto green che sta per essere varato sembra fortemente se non esclusivamente sbilanciato sugli incentivi al “green” piuttosto che alla sostenibilità in senso proprio.
Continuiamo a ribadire con forza che un vero e radicale impulso all’economia sostenibile (soprattutto in tema di approccio manageriale e gestionale) deve incentivare, premiare e supportare (nelle forme che abbiamo già più volte ribadito) le imprese realmente sostenibili e responsabili.
Certo non diciamo di estendere l’obbligo della rendicontazione sociale, del bilancio sociale e del bilancio di sostenibilità a tutte le imprese, ma almeno di innescare processi premianti attraverso misure di sistema che spingano (per opportunità di mercato o per reale coscienza benefit) tutte le imprese verso una nuova visione del business in linea con la nuova dichiarazione della Business Roundtable.
Del resto esistono già alcuni check point vagamente riconducibili al tema della sostenibilità e responsabilità, come del codice degli appalti o come la valutazione di impatto ambientale, le richieste di DURC, il rating di legalità. Ora si tratta di far evolvere il concetto in ottica obiettivo 2030