Lo scorso 6 gennaio abbiamo pubblicato un contributo sulla ristorazione sostenibile.
Oggi, cogliendo l’occasione che il 5 febbraio è stata la Giornata Nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, vogliamo affrontare l’argomento con un respiro più ampio, verificando cosa ciascuno di noi può fare nella vita quotidiana.
Basti pensare che in Italia gettiamo nella spazzatura circa mezzo chilo di cibo procapite alla settimana, circa 27 chili ogni anno, con un costo di circa 10 miliardi di euro all’anno. Non bisogna infatti pensare solo alla questione etica, di immediata comprensione; occorre fare un passo ulteriore e comprendere che per produrre quella quantità di cibo sono state necessarie enormi risorse, anche preziose, quali acqua, terra, energia e lavoro. Si può ben dire che l’“impronta ambientale” dello spreco di cibo va ben oltre lo spreco stesso.
L’obiettivo della giornata del 5 febbraio è stato quindi quello di ricordare l’enorme valore sociale, ambientale ed economico del cibo e dell’importanza di non sprecarlo.
Naturalmente lo spreco alimentare si verifica lungo tutta la catena di approvvigionamento, come conseguenza di problemi nelle fasi di raccolta, stoccaggio, trasporto, trasformazione e distribuzione del cibo. Prodotti conservati male o non adatti alla vendita (magari solo per avere dei difetti estetici che non li rendono idonei per finire sugli scaffali), o che rimangono sullo scaffale troppo a lungo, vengono costantemente eliminati prima ancora di arrivare nei negozi. Le statistiche dimostrano però che lo spreco casalingo è di gran lunga il più consistente, rappresentando circa i 2/3 del totale (Rapporto Waste Watcher 2020).
Lo stesso rapporto, però, annuncia che per la prima volta il tend in Italia si è invertito, facendo registrare un calo del 25% con un risparmio di oltre 1,5 miliardi di euro.
Per rafforzare questa tendenza, occorre puntare sulla cultura nelle famiglie e nelle scuole ed applicare semplici regole come fare la spesa in modo consapevole e con una pianificazione settimanale dei pasti, verificando in precedenza cosa si ha già in casa, prestare attenzione alle scadenze ed alle modalità di conservazione dei singoli prodotti. La differenza tra le annotazioni “da consumarsi entro” e “da consumarsi preferibilmente entro” spesso non è conosciuta: nel primo caso si tratta della data entro cui l’alimento deve essere consumato, nel secondo della data oltre la quale il produttore non garantisce il mantenimento delle proprietà organolettiche, ma l’alimento non è affatto scaduto e può ancora essere consumato.
Altri semplici accorgimenti sono: congelare i cibi prossimi alla scadenza o che non si prevede di consumare a breve termine, recuperare gli avanzi (ricordando che un cibo cotto dura più a lungo di uno crudo) o ricordare che il cibo può diventare un ottimo concime naturale, non inquinante.
Da ultimo, visto che la tecnologia aiuta in ogni campo, ricordiamo che sono molte le startup che hanno sviluppato applicazioni per diminuire lo spreco alimentare: senza voler fare pubblicità ad una startup piuttosto che ad un’altra, è facile trovare in rete prodotti che consentono di verificare in quali supermercati trovare alimenti prossimi alla scadenza e quindi con un prezzo scontato, di acquistare pasti e prodotti non consumati nei bar e nei ristoranti, di scambiare prodotti prossimi alla scadenza tra consumatori, di donarli ad enti del terzo settore (con conseguente detrazione fiscale), di memorizzare la data di scadenza dei prodotti che si hanno in casa, ricevendo notifiche in prossimità della scadenza, di creare ricette inserendo gli alimenti disponibili in casa …
Insomma, chi più ne ha più ne metta. Basta conoscerle ed avere a cuore la sostenibilità. Con poco impegno si aiuta il prossimo e l’ambiente. E si risparmia pure !