Il nemico invisibile della sostenibilità

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In termini di sostenibilità, la pandemia, con la chiusura di moltissime attività produttive e l’isolamento forzato di milioni di individui, ha comportato e comporterà molteplici effetti di difficile valutazione, alcuni dei quali potranno essere analizzati solo a posteriori

In parte ne abbiamo parlato nel precedente contributo Lockdown e Sostenibilità?, nel quale abbiamo descritto gli impatti positivi sulle organizzazioni economiche che, auspicabilmente, rimoduleranno i rapporti tra aziende e manodopera. Cosa possiamo dire in termini ambientali? E fin troppo semplice affermare che per molti mesi l’inquinamento atmosferico si è sensibilmente ridotto; le immagini di animali selvatici che si aggirano per strade cittadine rimbalzavano da una chat all’altra. Da Bergamo, nelle giornate più terse, si riuscivano a vedere le guglie del Duomo di Milano, quasi a simboleggiare l’unione delle zone più colpite d’Italia di fronte alla tragedia di migliaia di morti. I cinguettii delle rondini nei cieli cittadini non si sentivano così numerosi da decenni.

L’EARTH OVERSHOOT DAY

Molto più difficile è proporre una valutazione dell’impatto in termini sostenibili di tutto ciò in termini di sostenibilità; ci ha provato il Global Footprint Network che, come ogni anno, ha stimato l’Earth Overshoot Day, vale a dire il giorno in cui l’umanità raggiunge il limite massimo dei consumi che gli ecosistemi del nostro Pianeta possono produrre. Non si tratta solo di sostenibilità ambientale, quindi, ma anche dell’accesso alle fonti di alimentazione da parte degli individui.

Ebbene, quest’anno l’Earth Overshoot Day mondiale cade il 22 agosto, ben tre settimane più avanti rispetto a quello del 2019. La riduzione delle emissioni atmosferiche e del taglio di legname sono i fattori che maggiormente hanno contribuito a questo miglioramento, ma non bisogna dimenticare il blocco dei voli aerei e, in generale, di molte attività non sostenibili.

A nostro avviso, ciò conduce a due conclusioni in controtendenza: da una lato, gli effetti che possiamo indurre con una modifica dei nostri comportamenti, come quelli indotti del lockdown (sia pur radicali e difficilmente ripetibili su base volontaria), possono essere molto rapidi. Dall’altro, essi sembrano essere meno che proporzionali rispetto ai nostri comportamenti virtuosi, visto che le economie più sviluppate sono state in lockdown per un tempo ben più lungo di tre settimane (ed alcune lo sono tutt’ora) dimostrando che gli interventi devono perdurare per molto tempo. Non desterà alcuna sorpresa constatare, tra dodici mesi, che l’Earth Overshoot Day 2021 tornerà al livello di quello del 2019.

Allo stesso modo, non è inaspettato scoprire quanto sia profondamente differente l’impronta ambientale delle diverse Nazioni. Benchè il rapporto del Global Footprint Network sia provvisorio, e non tutte le Nazioni siano state analizzate, si va dal 11 febbraio del Qatar al 26 dicembre del Kyrgisistan. In una classifica con molte sorprese, l’italia (14 maggio 2020) si colloca meglio di altre Nazioni comunemente ritenute “verdi”, quali Svizzera, Norvegia, Austria, Nuova Zelanda ed altre.

SMALTIMENTO DEI DPI

È tutto oro quello che luccica? Oppure ci sono anche conseguenze negative? E quali saranno?

Senza tacere degli impatti sull’economia mondiale, con i Prodotti Interni Lordi previsti in calo per tutte le Nazioni e le grosse difficoltà economiche che dovranno fronteggiare milioni di individui, dal punto di vista ambientale ci troveremo bene presto a dover affrontare una nuova/vecchia emergenza: il problema dello smaltimento dei cosiddetti Dispositivi di Protezione Individuali.

Si tratta spesso di dispositivi monouso, anche di materiali non riciclabili; camici, mascherine, guanti in lattice o in materiali sintetici come il nitrile, paratie in plexiglass ecc… si usano e si buttano via. Quelli riciclabili, se utilizzate da persone infette o comunque sottoposte a quarantena, devono essere smaltite nei rifiuti indifferenziati.

Le organizzazione di ricerca ambientale che svolgono operazioni sul campo hanno già sottolineato il problema, evidenziando la presenza di mascherine sulle spiagge di tutto il mondo, trasportate dalle correnti oceaniche. Un problema solo per la pulizia delle spiagge, che ci infastidirà nella nostra estate? Non proprio, anzi… mascherine e guanti vengono ingeriti da pesci e tartarughe, che le scambiano per meduse. I DPI si scompongono velocemente in pezzi più piccoli, aggravando il fenomeno delle microplastiche che negli ultimi tempi si è rivelato per quello che è: il più grave problema di inquinamento dei mari di tutto il Mondo.

Come evidenziato dalla Presidente del WWF, Donatella Bianchi, “se anche solo l’1% delle mascherine venisse smaltito non correttamente e magari disperso in natura, questo si tradurrebbe in ben 10 milioni di mascherine al mese disperse nell’ambiente. Considerando che il peso di ogni mascherina è di circa 4 grammi questo comporterebbe la dispersione di oltre 40mila chilogrammi di plastica in natura: uno scenario pericoloso che va disinnescato”.

Se consideriamo che una mascherina ci mette circa 450 anni per decomporsi, il quadro risulta completo.

COSA FARE?

Occorre una immediata sensibilizzazione degli individui a favore del riutilizzo dei DPI, ove possibile, e del loro corretto smaltimento in caso contrario. Tre mesi sono già passati, dall’inizio della pandemia, ma molti altri ne abbiamo davanti, e se non corriamo al riparo l’impatto, secondo le organizzazioni ambientaliste mondiali, sarà devastante.

Basterà la prossima estate a farci prendere coscienza del problema? Oppure ce ne dimenticheremo già a settembre? In molte località costiere italiane sono già state bandite plastiche monouso e sigarette in spiaggia, ma l’impressione è che senza una corretta e massiccia campagna di informazione, condotta anche e soprattutto a livello governativo, gli impatti del Covid-19 sulla sostenibilità saranno di lunga durata, vanificando gli ultimi interventi di riduzione dell’uso di plastica monouso (sacchetti di plastica, cotton fioc, cannucce….) messi in atto con tanta fatica ed in tempi troppo lunghi.

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