Il punto sulle Società Benefit

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Le Società Benefit hanno ricevuto nuovo impulso nella Legge finanziaria, più precisamente si tratta dell’emendamento all’art.49 del DDL 2220 “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili”, in merito alla Revisione priorità investimenti, che prevede una misura semplice e necessaria per le imprese italiane impegnate nella ridefinizione di un nuovo modello di sviluppo sostenibile. Le società benefit e in generale tutte le imprese che opereranno in modo trasparente e responsabile potranno vedersi riconosciuta una premialità nei bandi pubblici.

Le società Benefit sono Profit

La società benefit si colloca, a tutti gli effetti, nel contesto di diverse tipologie di società di persone o di capitali, e quindi for profit, con la peculiarità che «nell’esercizio di una attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori, beni e attività culturali e sociali, enti e associazioni e altri portatori di interesse». Si tratta, pertanto, di un modello di impresa fortemente orientato verso una stakeholder mission di carattere sicuramente innovativo.

Il punto

Dal 2015 sono circa 380 le società hanno adottato la denominazione società benefit, di cui circa l’87% società a responsabilità limitata, l’8% società per azioni e la parte rimanente cooperative e società di persone. Per quanto riguarda la distribuzione geografica, la maggior parte di queste si trovano in Lombardia (36,8%), seguono il Lazio (14,6%) e l’Emilia-Romagna (9,1%), mentre per quanto riguarda le tipologie di business, il 35,3% si colloca nei servizi, il 16,8% nella consulenza e il 12,1% nella distribuzione.

Più piccoli, più benefit

A oggi hanno adottato tale denominazione anche società di rilevanti dimensioni non quotate, ma nessuna quotata. Alcune prime evidenze empiriche hanno messo in luce che la probabilità di trasformazione in società benefit è correlata negativamente con un fattore dimensionale, in particolare il totale dell’attivo contabile, e correlata positivamente con la percentuale di possesso del primo azionista. L’assenza, al momento, di quotate dal novero delle società benefit indica che, a fronte di una crescente attenzione verso le aziende maggiormente caratterizzate da una Esg advocacy, gli investitori istituzionali sono più orientati a dare importanza alla sostanza piuttosto che alla forma. In altri termini, gli investitori si aspettano che le aziende si comportino in modo sostenibile e forniscano una dimostrazione sostanziale di ciò, senza necessariamente essere attaccati a una determinata denominazione e ai relativi requisiti. Sotto un altro aspetto, l’attuale normativa italiana non offre alle società benefit alcun vantaggio o agevolazione a esclusione di un primo importante riconoscimento, come riportato in introduzione ,in materia di contratti pubblici, .

Trasformarsi in benefit

Tutto ciò apre la strada a prospettive molto interessanti, in termini societari e di business, e a qualche cautela in sede di trasformazione in società benefit. In un mondo orientato sempre più verso l’importanza della sostenibilità, l’adozione del modello benefit rappresenta un committment molto forte e apprezzato dal mercato, senza (almeno per ora) concreti vantaggi in termini di agevolazioni specifiche. Le società benefit potrebbero pertanto essere particolarmente interessanti (oltre che per le imprese che lavorano con Appalti Pubblici) per quei settori a rilevante impatto sociale, e in tutti i contesti di mercato dove i consumatori hanno sviluppato (o stanno sviluppando) particolare attenzione ai temi della sostenibilità. L’introduzione nel nostro ordinamento delle società benefit ha rappresentato un autentico breakthrough giuridico, a cui appare però necessario che il legislatore, faccia seguire concreti vantaggi, magari sotto forma di incentivi ed agevolazioni a favore degli investitori, così da favorire da un lato lo sviluppo delle società benefit e, dall’altro, una maggiore capitalizzazione delle imprese, limite attualmente superabile costituendosi in forma di startup benefit.

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