Il settore finanziario ha un ruolo chiave nell’influenzare la portata e la velocità della transizione verso la sostenibilità economica e ambientale. Dalla stessa Banca Centrale, arriva, infatti, la spinta al sistema.
La Banca d’Italia, annuncia il Governatore Ignazio Visco, prendendo la parola all’inaugurazione del Festival dello Sviluppo Sostenibile, ha adottato «una nuova strategia per il significativo miglioramento dell’impatto ambientale dei suoi investimenti”.
L’obiettivo primario, tra gli altri, è quello di mettere a disposizione di tutti gli operatori un modello di riferimento. Per ora, la via prescelta da Banca d’Italia è quella di acquistare azioni di imprese che rispettino le migliori prassi.
Quali sono i criteri? «La metodologia utilizzata in precedenza – spiega Visco – è stata integrata con due tipologie di valutazioni».
La prima esclude gli investimenti in titoli emessi da società che operano prevalentemente in settori non conformi al Global Compact delle Nazioni Unite.
Il Global Compact delle Nazioni Unite, è un patto non vincolante, che stabilisce i principi che le imprese dovrebbero seguire nelle aree dei diritti umani, del lavoro, della sostenibilità ambientale e nella prevenzione della corruzione. Questo accordo traduce l’idea della condivisione delle responsabilità in misure pratiche e concrete, per garantire che i tutte queste aree non siano tenute in ostaggio dai capricci della politica.
La seconda, invece, privilegia i titoli di quelle società che mostrano le valutazioni migliori sotto il “profilo Esg”.
L’acronimo di Esg è composto da tre parole enviromental, social and governance. Le quali a loro volta racchiudono tre distinti universi di sensibilità sociale.
l primo è quello dell’ambiente, che comprende rischi quali i cambiamenti climatici, le emissioni di CO2 (biossido di carbonio), l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, gli sprechi e la deforestazione. Il secondo include le politiche di genere, i diritti umani, gli standard lavorativi e i rapporti con la comunità civile. Il terzo universo, invece, è relativo alle pratiche di governo societarie, comprese le politiche di retribuzione dei manager, la composizione del consiglio di amministrazione, le procedure di controllo, i comportamenti dei vertici e dell’azienda in termini di rispetto delle leggi e della deontologia.
L’investimento sostenibile, dunque, può essere definito come un approccio di lungo termine che include i fattori ESG nelle decisioni di allocazione del proprio patrimonio, sia esso quello personale del piccolo o grande risparmiatore o quello di un fondo comune.
Oggi alcune società e istituzioni finanziarie (poche in Italia rispetto ad altri Paesi) contribuiscono a innalzare il grado di consapevolezza e di conoscenza dei rischi legati ai fattori di sostenibilità. Riescono a comunicare agli altri come i fattori di sostenibilità possano incidere sulla loro attività, sia nel loro interesse, migliorare la loro performance che nell’interesse delle generazioni future.
«Nel nostro Paese – conclude il Governatore – l’interesse espresso dai risparmiatori per la finanza sostenibile è significativo, ma l’offerta di prodotti non è ancora sufficiente a soddisfare la domanda: vi è spazio per nuovi progetti da finanziare, servono strumenti adeguati sui quali investire ed è fondamentale la capacità delle imprese di fornire le informazioni necessarie sulla sostenibilità delle proprie attività».
Quest’ultimo passaggio avviene attraverso la predisposizone della Rendicontazione non finanziaria (conosciuta anche come Bilancio Sociale) obbligatorio per diversi soggetti come stabilito dal D. Lgs n. 30 del dicembre 2016.